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Una bella scoperta questo nuovo scrittore. Ebook regalato da Amazon, quindi via, giù di corsa downloadato sul kindle! Lo si legge in un batter d’occhio, senza distrazioni direi una ventina di minuti è più che sufficiente.

La promessa del marescialloOcchio, da questo momento qualche spoiler. Ambientato in un piccolo paesino (o cittadina) del sud, in Calabria, il nostro protagonista indaga sulla alquanto sospetta morte di una ragazza la quale ha perso la vita in circostanze strane. Unico indizio è che è incinta. Subito si entra nel vivo della situazione, tra piccole investigazioni “casarecce” che portano, man mano che si va avanti nella storia, ad una non ben definitita direzione. Infatti ogni volta che si potrebbe concludere con “ah, ecco, finalmente ho capito chi è l’assassino”, ci si ritrova puntualmente a doversi rimangiare tutto quanto. La soluzione è ancora lontana e viene proprio alla fine.

Insomma, non si fa in tempo a pensare, a riflettere che arriva subito il resoconto finale e viene rivelato il nome dell’assassino.

Devo dire una bella prova per questo autore che non conoscevo, è riuscito a farmi amare i libri gialli che normalmente, almeno per quei pochi che ho letto, mi spoilero ben volentieri.

Mia moglie

Questa estate mi è capitato di stare un po’ più di tempo con mio figlio senza la presenza della mamma. Diciamo una settimana only men.

La cosa mi è servita molto perché sono riuscito a vedere la situazione in una prospettiva diversa. E per diversa non intendo il fatto che quando non c’è la mamma fa tutto il papà (quello già lo faccio, mia moglie non è che sia tanto presente a casa, sai com’è, il lavoro…). Si crea questa situazione di complicità che va oltre il rapporto classico padre figlio; va oltre l’amicizia e il gioco che normalmente esiste e si sviluppa giorno dopo giorno tra i due. Insomma si crea una relazione molto più forte e l’ho scoperta abbassandomi completamente al suo livello.

Quindi giocare e ragionare come lui, fare discorsi che piacciono a lui, fargli capire le cose utilizzando solo ed esclusivamente il suo linguaggio. Sono diventato, per lui una persona che si potrebbe riassumere con la fusione tra l’amicizia più complice che ci possa essere e la capacità che ha un padre di trasmettere sicurezza. Vedevo che, nei parchi, si arrampicava su giochi sui quali prima non aveva mai osato. Abbracciava persone solo per il fatto che vedeva quanto erano attaccati a me. Rideva e scherzava con me più di quanto già non facesse.

Insomma, si fidava. Completamente.

Ciò mi ha insegnato anche a fidarmi maggiormente di lui. La sicurezza che ha acquisito in questo periodo ha fatto in modo che anche io mi “rilassassi” di più invece che sorvegliarlo (si, lo ammetto, tendo a monitorarlo di continuo…). Ma ha anche avuto un effetto negativo, ossia il suo sproporzionato attaccamento alla mia persona per staccarsi maggiormente dalla quella della mamma.

Ma la mamma è stata grande.

Ha capito, come solo una mamma sa capire. Ha compreso, come solo una mamma sa comprendere. Ha recuperato, come solo una mamma sa recuperare.

Amo mia moglie per tante cose. Ogni giorno mi stupisce, ogni giorno ho conferma che la mia scelta è stata quella giusta ed ogni giorno ho coscienza del fatto di aver agito correttamente nel farla diventare la compagna della mia vita.

Settembre

Ti rendi conto che stai maturando (dentro chiaramente. Dire che stai invecchiando è brutto…) nel momento in cui hai la sensazione di desiderare settembre, pur avendo l’estate ancora addosso. Nei confronti di questo mese i miei sentimenti sono sempre stati non troppo concordi. Il contrasto ha quindi un duplice aspetto.

L’avversione (non l’odio, attenzione) è per lo stato d’animo che accarezza il nostro essere, il divenire che abbiamo maturato durante l’estate.

Il fascino, invece, è dovuto al fatto che tutto torna alla normalità. Lavoro, famiglia, amici e parenti, conoscenti. Insomma, tutto quello che caratterizza la nostra “normale” vita di tutti i giorni.

Quest’anno settembre lo sento proprio mio. Forse perché ho necessità che tutto si normalizzi, amo mettere ordine nella mia vita. Mi piace l’organizzazione, mi dà stabilità e sicurezza, il mio razionale quotidiano insomma.

E quindi ritornerà tutto al proprio posto. Il treno, il mio fedele Iphone in tasca con il jazz che attraverso le orecchie scorre e nutre tutto il mio corpo, la ricerca dei momenti vuoti per leggere il mio amico libro che è sempre con me, incontri casuali con altri pendolari, le corse per la metro, un ufficio di nuovo zeppo di colleghi e le chiacchiere davanti la macchinetta del caffè, il ritorno a casa stanco e distrutto, l’amore e la famiglia che mi aspettano.
Vita. E buoni propositi, insomma.

Sono sempre ben accetti, che si rispettino o meno.

Stanchezza

Ieri sera, per l’ennesima sera, mia moglie è tornata a casa distrutta. Questo lavoro la sta uccidendo, non solo per la fatica ma anche per tutto quello che le sta intorno.

Sono del parere che per quanto possa essere stancante e faticoso un lavoro, se piace, porta gratificazione. E la gratificazione vuol dire miglioramento, motivazione e orgoglio per se stessi, quindi fa bene all’animo.

Ultimamente sto riflettendo tanto su tutto questo, mi viene da pensare a tutte le ore del giorno che passiamo fuori per lavoro, mettendoci dentro l’anima e non solo il fisico, ed a quando rientriamo per raccogliere che cosa? Stanchezza. Solo quello. Si è vero. Torni a casa e senti il calore della famiglia, giochi con la prole (il suo sorriso alla fine para tutti i colpi bassi che la giornata lavorativa fornisce, ahimè), due coccole, scambi quattro chiacchiere a cena. Ma poi la stanchezza si fa sentire, sempre che non ti avvolga completamente già quando varchi la porta d’ingresso. Non è raro infatti il classico crollo sul divano, disfatto, senza neanche avere un po’ di tempo per sé per fare…che so?…per esempio…a caso…leggere un libro!

Poi quando personalizzi il lavoro ti rendi conto che non hai alternative che possano portarti ad un rapporto sano (passatemi il termine). Magari ti ritrovi il partner che si porta a casa il lavoro (inteso come insieme di situazioni, rabbia, stress, preoccupazioni, e tutto quello che hai raccolto durante la giornata lavorativa). Se acchiappi la sera sfigata, ti capita di essere in due in questa situazione, per cui le frecce sono già sull’arco, teso e pronto a scoccare al primo segnale di guerriglia. Cerchi lo scontro già da quando scendi dal treno.

Poi puoi avere, invece, un carattere fantastico come il mio. Non per vantarmi, dico, sono uno di quelli che “calma” è il mio secondo nome, che non perde mai (o quasi mai) le staffe, che quando il bimbo fa “papà, dai giochiamo” non si tira mai indietro (e dico MAI), che quando c’è da soprassedere e sorvolare china la testa. Mia moglie dice sempre che non avrebbe potuto sposare nessun altro. È una delle cose di cui vado più fiero. La amo per questo.

Allergia e treno

Scoprire di essere allergici dopo una certa età non è una delle cose più piacevoli da augurare, nemmeno al peggior nemico.

Non dico che sia la cosa più brutta del mondo (c’è sempre il trasloco che è imbattibile in quel senso) ma ci si avvicina tanto.

Per cui ti svegli a notte fonda per apnea notturna e senti l’impellente necessità di soffiarti il naso perché hai un blocco respiratorio, occhi che lacrimano di continuo e bruciano, bruciano come l’inferno.

Questo di notte.

Durante il giorno, se possibile, è ancora peggio. Già, perché di giorno devi far fronte ad un sacco di problemi in più. Infatti mentre di notte sei da solo, magari con moglie che dorme come sempre e che non si sveglia manco con le cannonate della guerra più rumorosa che possiamo immaginare proveniente dai libri di storia, di giorno hai di fronte una marea di gente. A cominciare dal treno.

Si, perché il treno è bello, il treno è divertente, il treno è fare amicizia e socializzare, il treno è osservare la gente che non ti si fila e che sta china sui propri tablet e smartphone, il treno è la gente che legge ancora i libri cartacei, il treno è la gente che puzza ed il treno è la gente che profuma… Insomma potrei continuare in eterno (e non scherzo).STARNUTO TRENO

Ma la cosa brutta è che quando starnutisci (perché la mia allergia si manifesta in questo modo, con starnuti) sortisci l’effetto non voluto di far alzare la testa delle persone dai propri tablet, smartphone, libri, insomma l’elenco di cui sopra. Ti guardano, abbassano gli occhiali osservando di sottecchi quello che fai. Il rivolo del muco cala pian piano (ma inesorabile) dalla cavità nasale e quindi non puoi non ficcare la mano in tasca per prendere il tanto agognato fazzolettino di carta che…zac. Ti beccano.

E stanno tutti a pensare che sei raffreddato e quindi ti si crea una specie di vuoto cosmico tutto intorno che poi, tra l’altro, potrebbe anche rivelarsi una cosa buona perché hai più spazio per te.

Ma l’imbarazzo è sempre stato mio amico e quindi anche questa volta ci vado sotto braccio.

Pulisco il naso e silumo una chiamata al cellulare (con l’auricolare non si sente e non si vede che non è arrivata nessuna chiamata…).

– Pronto, ciao amore. No, non sono ancora arrivato, anche stamattina il treno porta ritardo. Solo che questa cacchio di allergia non mi dà tregua -.

Vedo che tutti si tranquillizzano. Non si trattava di un attacco batterico ma di allergia. Fiuuu…

Inside Out

Quando c’è lo sciopero dei treni possono accadere cose alquanto interessanti.

Voglio dire, si, per noi pendolari è sempre una tragedia, una GRANDE TRAGEDIA direi. Devi svegliarti prima, tutto più accelerato, disperazione mode on, barba come viene, doccia velocissima, colazione frugale e caffè bollente. Insomma, un po’ come Fantozzi la mattina che cronometra tutto…

Però il vantaggio è che poi hai più tempo (e spazio) per te. Per esempio in treno non trovi tanta gente (sciopero di ve nerdì = gente che fa il week end lungo), e quindi puoi scegliere tu il posto a sedere. Hai più spazio, quindi puoi scegliere tra il tuo libro cartaceo, o il tuo Kindle (che comunque deve sempre essere con te) oppure tiri fuori il tuo notebook e magari cominci a lavorare ma…

Hey, ma mi mancano gli ultimi 20 minuti di “Inside Out”. Evvai che ti si aggiusta la giornata!

Inside

Eppure eppure…

Beh, potrebbe darsi che questo sabato pomeriggio riesca forse a riposarmi. Oppure…

Il punto della situazione. Il bimbo che dorme, la mogliettina non c’è, la suoneria del cellulare è disattivata (ma guarda un pò, ma non eri tu quello che non riusciva mai a farne a meno?), con gli amici ho trovato le più grandi scuse per non uscire (nemmeno Perry Mason avrebbe saputo fare di meglio nelle sue arringhe per trovare scuse a difesa dei super criminali), dandomi disperso. Insomma, tutto sembra andare per il meglio per (finalmente) finire il libro che avevo cominciato un bel po’ di pempo fa. Sai, uno di quei libri che sei a metà (beh, forse un terzo).

comodino

Ti da fastidio vederlo li perchè ti da sempre quel senso di incompiuto. Non riesci a finirlo ma ce l’hai sempre in mente. Sta sul comodino, magari qualche volta te lo porti dietro al lavoro, in treno, in metro, hai visto mai… Ti capita di vederlo e dici: “Dai, ora lo finisco”, e invece lui se ne sta li. Fermo, immobile, si impolvera. Manco tua moglie lo sopporta più, anzi la sua mente spazia tra “Ora faccio pulizia sul suo comodino e gli butto tutto” e “Sto seriamente pensando di divorziare”.

Insomma, questa è la volta buona ma….Cosa vedono i miei occhi? Nooooo! I miei arretrati di fumetti.

fumetti.jpgOk, ok, stiamo calmi…. Un’occasione così non ce la possiamo far scappare. Eppure eppure…

Insomma trastutto tra il libro e i miei fumetti. Solo un’ora a disposizione, forse due. O l’uno o gli altri. Dai, decidi, dai…. Accidenti, è già passata mezzora. E ora come faccio.

Ok, prendo il pc e scrivo un post, da tanto che non faccio un giro sul blog. Si, si, lo so, il tempo non basta mai e non se ne trova mai abbastanza per fare tutto quello che vogliamo. Ma a ben vedere la realtà è un’altra. Dovremmo tutti fermarci un attimo, respirare, e constatare che alla fin fine di tempo ce n’è, basta solo saperlo utilizzare.

Quindi ora, pagina dopo pagina, ce lo finiamo il nostro libro. Perchè leggere è bello, è affascinante, è formativo. E perchè, come diceva qualcuno, chi legge si ritroverà alla fine della propria esistenza come se avesse vissuto tante altre vite, non solo la sua.

Buona lettura a tutti.

 

Sonetto d’amore. 

Tu sei ai miei pensieri come alla vita il cibo, o come alla terra le dolci piogge di primavera; e per la pace che mi dai sostengo tal guerra qual avvien tra l’avaro ed il suo tesoro: ora esultante nel possesso, e poi subito ansioso che questi tempi ladri gli rubino anche quello; ora stimando meglio stare con te appartato, poi ancora meglio mostrar al mondo il mio gioiello; sazio talvolta di divorarti con gli occhi, e subito affamato di rivederti accanto a me, possedendo o inseguendo solo il piacere che già ho avuto o ancora avrò da te. Così, giorno dopo giorno, sazio o affamato io vivo. O divorando tutto o di tutto privo. 

Inizio anno

Buoni propositi per l’anno nuovo?Certo. Tanti. Sempre pochi per alcuni ma tanti per chi deve farli. 

In primis quello di mettere via qualche chiletto. Si dice sempre che si ingrassa non tra Natale e Capodanno, ma tra Capodanno e Natale. Non credeteci, non è vero!

Poi quello di leggere un po’ di più. In realtà il mio lavoro mi lascia ben poco tempo per farlo, noi pendolari però ne siamo ben lieti perché lo facciamo sul treno, in metro, insomma dove capita. L’importante è farlo e per questo non siamo mai sforniti di Kindle o qualche libro. E cerchiamo sempre l’occasione (a chi non è mai capitato di essere nello stesso vagone di una persona conosciuta e pur di continuare a leggere fare finta di non vederlo? Magari il viaggio dura un’ora…. Ce la facciamo, ce la facciamo)!

Poi vediamo….. Ah, sì: organizzazione. Innanzi tutto sistemare tutti i fumetti che girano per casa, sul comodino, sulla libreria messi a capocchia. E quindi leggerli, semplice no? E ci risiamo. 

Vabbèh. Il tempo è già scaduto. Si è fatto tardi. Il piccolo che chiama. La famiglia reclama la mia presenza. 

Vediamo come va, piccolo appunto quindi per l’anno nuovo. 

E Auguri a tutti quelli che, per caso, stanno leggendo. 

Last train home?!

La maggior parte delle cose che scrivo, che penso ed elaboro mi escono fuori dal tragitto di ritorno verso casa. In effetti la mattina, quando vado al lavoro, la mente cavalca troppo in fretta affinché possa mettere insieme i pezzi che comporranno il puzzle delle mie pause ed i miei rari momenti di relax durante la giornata. Tutto scorre così in fretta e furia e le immagini, i pensieri, tutto viene travolto. Anche le parole che vorrebbero essere dette ma che in realtà non riesci a dire (o non vuoi dire?). 

Arriva il treno. Il solito spingersi facendo finta di niente….

Ma è vuoto. Fantastico! Non uno, bensì quattro posti tutti per me. 

Ahhhhhh

Mi abbandono al finestrino ed al paesaggio che mi offre. Sto andando via da questa città che odio, che tanto mi ha dato, che tanto continua a darmi ma che tanto mi ha tolto. Troppo. 

Il sole sta tramontando. Questo periodo va a dormire un po’ prima, così dico al mio cucciolo la sera. 

L’immagine è perfetta, la immortalo…

  
Sono stanco ma ho ancora tanto da fare. Il mio cucciolo d’uomo mi aspetta. Aspetta che il suo papà vada a giocare con lui e che insieme vivano quello che la lontananza giornaliera ha loro rubato. 

Sono stanco, ma l’energia per lui non manca. Mai dovrà mancare. 

E mai mancherà.